Testi/1

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EXIT8 - CultureUp

E' singolare, in questi ultimi anni, la straordinaria attenzione per i contenitori di eventi artistici. Proprio in un periodo in cui il contesto si smaterializza e il territorio alleggerisce l'attrito che impone alla circolazione e alla contaminazione delle idee e delle culture, incuriosisce la rapidità con cui sorgono enormi e modernissimi centri espositivi, catalizzatori (ed accentratori) di eventi culturali..

E' difficile individuare con certezza la paternità di questa tendenza, anche se la tentazione è quella di associarla all'aspetto sempre più mondano e "socializzante" delle caste dei produttori, dei collezionisti d'arte e di un jet-set che trova e ritrova se stesso all'interno di nicchie riservate ed esclusive, è facile comprendere, per chi girovaga tra Bologna e l'Emilia, che questo territorio risulta immune non solo all'austerità delle supergallerie ma anche a virus meno pericolosi. Spazi espositivi, eventi culturali, gallerie, tutti accuratamente sterilizzati in una campagna di disinfezione che procede tristemente oramai da alcuni anni e che ha trovato la tua prova generale nell'occasione persa di Bologna 2000 Capitale Europea della Cultura.

La gestione degli eventi culturali risponde in modo sempre più distante e asettico alla produzione e alla sperimentazione artistica che per tradizione in questa città, crocevia di studenti e prima università, continuano a trovare terreno fertile e preziosa linfa nelle contaminazione delle sue trame individuali e nella rete non organizzata dei suoi luoghi di studio e di scambio. Il fermento culturale sotterraneo del territorio bolognese perde contatto con le sue naturali forme di diffusione e trova spazi di visibilità sempre ridotti.

L'evoluzione dell'attitudine degli attori che contribuiscono alla sua sopravvivenza è oramai chiara: da una parte la tendenza alla produzione di opere "vendibili" e spendibili nel loro aspetto economico (una standardizzazione del prodotto), dall'altra l'attrazione sempre più intensa per altri contesti, dove maggiore è l'attenzione per le risorse culturali di un territorio, in Italia o, più di frequente, all'estero. L'esempio di Berlino è eclatante.

Un ambiente che offre scarsa visibilità e costringe le nuove generazioni di attori della cultura ad abbandonarlo vibra in dissonanza con la sua produzione artistica e critica. La città, nel tempo, rischia di perdere drammaticamente il talento e il contributo delle menti che qui si sono formate ed hanno interagito, menti e talenti che per necessità cercheranno spazi altrove. Colpisce la leggerezza con cui si dimentica che la mancata valorizzazione delle risorse culturali produce nel lungo periodo soprattutto conseguenze economiche: induce un appiattimento delle produzione e determina la tendenza ad una difficilmente reversibile "migrazione" del tessuto culturale.

La "fuga dei cervelli" viene spesso considerata una questione puramente scientifica essendo causata dalla scarsità di finanziamenti destinati alla sperimentazione. Dovrebbe invece essere inquadrata in una più diffusa svalorizzazione culturale che è si fuga di ricerca e innovazione scientifica ma soprattutto fuga di creatività, critica, oggetti e di un patrimonio potenziale che nel migliore dei casi patrimonio di quei luoghi che sanno e sapranno valorizzarlo.

 

 

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